Impressioni da Monet
Claude Monet, Le Bassin des Nympheas (1904). Denver Art Museum
Il paesaggio, brano costante dell’intera carriera di Monet, propone alla modernità un diverso modo di osservare la natura.
Attraverso il lavoro en plein air, che di fatto porta l’atelier direttamente nei luoghi di studio, l’artista persegue la totale immersione fisica quanto mentale nel soggetto, con l’intenzione di catturare non solo le più precise sfumature di luce e movimento, ma anche il variare delle condizioni naturali.
Se nella prima parte del suo percorso, prettamente impressionista, è l’immagine percettiva ad essere studiata nei suoi istanti effimeri, nella maturazione degli anni successivi la sua tecnica diventa più elaborata e rende visibile la durata dell’impressione. Non è quindi casuale l’approdo da parte di Monet alla fine dell’Ottocento alle famose “serie”, in cui uno stesso soggetto è ripetuto più volte in momenti o condizioni atmosferiche differenti. Lo scopo è quello di fermare il tempo, reo di nascondere il segreto dramma della fugacità delle cose, restituendo loro valore poetico.
Come nel dipinto esposto alla Fondazione, Le Bassin des Nympheas del 1904, proveniente dal Denver Art Museum, lo stagno e nuovamente l’acqua stimolano inaspettate sensazioni visive, poiché dissolvono forme e materia, di cui le ampie e aggiornate pennellate sono dimostrazione concreta.
Le Ninfee, ciclo che racconta l’ultima ossessione di Monet, si collocano a metà tra la pittura di paesaggio e una nuova pittura decorativa con aspetti artificiosi, quasi astratti, che hanno nella costruzione spaziale la loro novità. I toni cromatici, ora, non esprimono più solo le metamorfosi della luce e dei riflessi, ma sono mezzi che trascendono la realtà per creare qualcosa di completamente inedito, sovratemporale e intangibile.
Seguo la natura senza poterla
afferrare; questo fiume scende, risale, un giorno verde, poi giallo,
oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente.
Attraverso il lavoro en plein air, che di fatto porta l’atelier direttamente nei luoghi di studio, l’artista persegue la totale immersione fisica quanto mentale nel soggetto, con l’intenzione di catturare non solo le più precise sfumature di luce e movimento, ma anche il variare delle condizioni naturali.
Se nella prima parte del suo percorso, prettamente impressionista, è l’immagine percettiva ad essere studiata nei suoi istanti effimeri, nella maturazione degli anni successivi la sua tecnica diventa più elaborata e rende visibile la durata dell’impressione. Non è quindi casuale l’approdo da parte di Monet alla fine dell’Ottocento alle famose “serie”, in cui uno stesso soggetto è ripetuto più volte in momenti o condizioni atmosferiche differenti. Lo scopo è quello di fermare il tempo, reo di nascondere il segreto dramma della fugacità delle cose, restituendo loro valore poetico.
Come nel dipinto esposto alla Fondazione, Le Bassin des Nympheas del 1904, proveniente dal Denver Art Museum, lo stagno e nuovamente l’acqua stimolano inaspettate sensazioni visive, poiché dissolvono forme e materia, di cui le ampie e aggiornate pennellate sono dimostrazione concreta.
Le Ninfee, ciclo che racconta l’ultima ossessione di Monet, si collocano a metà tra la pittura di paesaggio e una nuova pittura decorativa con aspetti artificiosi, quasi astratti, che hanno nella costruzione spaziale la loro novità. I toni cromatici, ora, non esprimono più solo le metamorfosi della luce e dei riflessi, ma sono mezzi che trascendono la realtà per creare qualcosa di completamente inedito, sovratemporale e intangibile.
Claude Monet