IL CIELO DEGLI ORSI
Dall’opera di Dolf Verroen & Wolf Erlbruch
“Il cielo degli orsi” si compone di due storie. La
prima ci racconta di un orso che, svegliatosi da un lungo letargo e
soddisfatta la fame, si mette a pensare a come sarebbe bello essere un
papà. Così, con tutto il coraggio di cui è capace, si mette a gridare in
direzione del bosco: “Qualcuno sa dirmi come si fa ad avere un
cucciolo?”. Dopo un lungo cercare sembra che la soluzione stia in cielo…
La seconda ci racconta invece di un orsetto, che è molto triste per la
morte del nonno. Quando la mamma gli spiega che il nonno era molto
stanco ed ora è felice nel cielo degli orsi, dice: “Ci voglio andare
anch’io”. E parte per il mondo alla sua ricerca...Dall’opera di Dolf Verroen & Wolf Erlbruch
Per entrambi i i protagonisti l’infinità del cielo sembra essere l’unico luogo in cui le loro domande possono essere soddisfatte. Ma si accorgono, alla fine del loro cercare, che è sulla terra, vicino a loro, che si trova la risposta. Infatti l’orso della prima storia la trova in una bella orsa che gli compare al fianco e che indovina in un attimo i suoi pensieri: insieme si pensa sempre meglio che da soli e così, all’approssimarsi della primavera, una soluzione la troveranno. Piccolo Orso invece la risposta la trova nelle rassicuranti certezze rappresentate dagli affetti familiari: nei genitori che si prendono cura di lui affinché superi il suo dolore e si convinca che la vita è, davvero, il suo più bel cielo.
“Il cielo degli orsi” affronta temi delicati e profondi con leggerezza e tatto e una grande capacità di sintesi. La presenza di animali come protagonisti permette di dosare l’impatto emotivo, che rimane comunque forte perché ci restituisce, con semplice e disarmante chiarezza, le difficoltà che tutti noi incontriamo, a maggior ragione i bambini, quando cerchiamo risposte alle grandi domande della vita. Difficoltà che nascono dalla complessità e varietà delle relazioni umane e dall’indifferenza che il mondo sembra riservare ai nostri piccoli o grandi dolori. L’unico percorso possibile è sempre quello esperienziale e non razionale e l’unica risposta, anche se non è “la risposta”, è spesso la più vicina a noi, se non già dentro di noi.
Il Teatro delle Briciole è un “patrimonio” della scena italiana che nel corso di una storia più che trentennale ha trasformato radicalmente l’immagine, il vocabolario e il concetto stesso di teatro per l’infanzia.Fondato nel 1976, cinque anni dopo è il primo in Italia a dar vita a un Centro Stabile di Produzione, Programmazione e Ricerca Teatro Ragazzi e Giovani, poi diventato Teatro Stabile di Innovazione.
Un nuovo centro per le arti sceniche
Una
realtà che negli ultimi anni ha rinnovato la propria identità ,
transitando dall’originario assetto di collettivo e di compagnia
teatrale a un organismo dinamico e variamente articolato: un moderno
centro per le arti sceniche che da un lato produce, realizza e
distribuisce in Italia e all’estero spettacoli affidati a registi
storici e nuovi artisti, e dall’altro programma e offre alla città di
Parma e al suo territorio una fittissima trama di progetti speciali,
rassegne, stagioni teatrali: iniziative che accolgono ogni anno migliaia
di spettatori.
Le produzioni
In
principio fu il “teatro d’animazione”, avvicinato di slancio e subito
rivoluzionato nelle forme, nei materiali, nei contenuti, con spettacoli
che segnano la nascita di un nuovo teatro (definito “micro-teatro”) che
mette al centro la potenza simbolica dell’immagine, la forza metaforica
degli oggetti e del linguaggio non verbale, la materia nel suo farsi
artigianale.
Linee
di ricerca che si arricchiscono nel tempo intorno a idee-guida quali lo
studio dello spazio scenico e la relazione col pubblico, il teatro come
iniziazione e come “vita concentrata”, l’infanzia come campo
dell’esperienza umana, il rapporto con la musica, che origina vere e
proprie opere definite di teatro-musica, dove la partitura di suoni ha
un ruolo drammaturgico. E ancora, la relazione con la danza, con le
lingue e i dialetti, la riscrittura in chiave inconsueta e “popolare” di
grandi testi della civiltà occidentale, la formazione della polis e di
una “cittadinanza” consapevole. Un filone, quello “politico”, indagato
in opere che raccontano alle giovani generazioni la relazione,
storicamente strutturata, tra individuo e collettività , prima nelle
forme di governo della dittatura e della democrazia, poi nei processi di
trasmissione del sapere, trasferendo così lo sguardo nel mondo della
scuola.
Si
sono fatti intanto sempre più fitti gli scambi e le esperienze a
livello europeo, che si traducono anche in co-produzioni, progetti di
residenza, finestre antologiche dedicate a cicli di spettacoli, tradotti
e presentati nelle lingue dei paesi ospitanti: Francia, Spagna,
Portogallo, Inghilterra, Austria, Germania, Belgio, Stati Uniti, Canada,
Russia.
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